Che cos'è la consapevolezza digitale

Viviamo in una realtà dove il confine tra online e offline è sempre più sfumato, eppure ci accorgiamo raramente di quanto il digitale influenzi davvero quello che siamo, quello che pensiamo, persino come ci relazioniamo agli altri. La consapevolezza digitale non è una competenza tecnica, non è un insieme di nozioni da imparare a memoria. È qualcosa che ha a che fare con il modo in cui abitiamo il tempo che passiamo davanti a uno schermo. È presenza, è capacità di leggere tra le righe, è la domanda che ci facciamo quando sentiamo che qualcosa ci sta rubando l’attenzione o l’umore. È quel momento in cui ci accorgiamo che stiamo scorrendo da mezz’ora senza nemmeno sapere cosa stiamo guardando.

Scolling, scrolling e ancora scrolling.

È quando ci fermiamo e ci chiediamo: perché lo sto facendo? A cosa sto rispondendo? Non c’è un manuale per la consapevolezza digitale e non basta leggere due slide, un post e un audiolibro per averla.
È un allenamento continuo che riguarda la capacità di stare in relazione con la tecnologia senza farsi risucchiare, senza automatismi. È imparare a proteggere i propri dati, certo, ma anche a riconoscere quando una certa comunicazione ci manipola, quando un contenuto ci colpisce troppo in profondità, quando stiamo cercando conferme invece che informazioni. Non è solo un tema per esperti, non riguarda solo i giovani, non è solo educazione civica o cyber security. È qualcosa che ci tocca ogni giorno, mentre lavoriamo, mentre parliamo con qualcuno su una chat, mentre guardiamo il telefono senza pensarci.

Nel mio lavoro, e nel mio percorso personale, ho capito che non possiamo più separarci da questi strumenti come se fossero esterni a noi. Ma possiamo imparare a guardarli con più lucidità, a gestirli con più intenzionalità. Possiamo educarci – e educare – a un uso più umano del digitale, più attento, più critico, ma anche più empatico, più nostro.

Per questo conduco gruppi e percorsi di formazione sulla consapevolezza digitale. Sono spazi di ascolto, confronto e apprendimento, dove parliamo di identità digitale, benessere digitale, disconnessione consapevole, rischi della tecnologia e nuove abitudini. Ma tutto parte da lì: dalla consapevolezza di sé. Perché non possiamo essere presenti nel digitale se non siamo prima presenti con noi stessi. Non possiamo proteggere i nostri dati se non sappiamo neanche quali sono (e dove sono). Non possiamo educare all’uso consapevole della tecnologia se non siamo disposti ad osservare come la tecnologia ci influenza, nel profondo.

Lo vedo ogni volta che guido un gruppo o entro in aula: le persone hanno bisogno di parole, di strumenti, di pratiche. Ma prima di tutto, hanno bisogno di sentirsi viste. Di sapere che quello che provano – l’ansia da notifica, la fatica mentale, il bisogno di disconnettersi senza riuscirci – non è qualcosa di strano o sbagliato. È il segno che qualcosa ci sta parlando. Ed è da lì che si comincia.

Nel mio progetto Fattore Umano porto avanti questa visione, con articoli, incontri, percorsi di formazione sulla consapevolezza digitale, workshop per aziende, webinar e laboratori nelle scuole. Lavoro sull’educazione digitale partendo dal corpo, dalle emozioni, dalla psicologia, e intreccio questi elementi con i temi della sicurezza informatica umana, della privacy, del digital detox. Lo faccio con adulti, adolescenti, insegnanti, genitori, professionisti. Perché tutti, oggi, abbiamo bisogno di alfabetizzazione digitale. Ma un’alfabetizzazione che non sia solo tecnica: che sia anche emotiva, relazionale, concreta. Che ci permetta di scegliere, non solo di usare.

Parlare di consapevolezza digitale non significa dire “usa meno il telefono”. Significa imparare a usarlo in modo più intenzionale, più consapevole. Significa sapere come funzionano le piattaforme, ma anche come funzioniamo noi quando siamo online. Smetterla con i limiti autoimposti dagli stessi dispositivi ed imparare a porsi dei limiti da soli. Così come si fa con l’alcol, allo stesso modo con la tecnologia. Significa proteggerci dalle trappole della rete, ma anche allenarci a riconoscere quando cerchiamo conferme, quando ci perdiamo.

Credo che questo sia uno dei temi più urgenti del nostro tempo. E non riguarda solo la sicurezza dei nostri dispositivi. Riguarda la qualità delle nostre relazioni. La nostra salute mentale. La nostra libertà. La nostra capacità di fare scelte vere, in un mondo che ci vuole sempre connessi, sempre reattivi, sempre presenti… ma mai davvero presenti.

Su fattoreumano.org trovi quello che sto costruendo: uno spazio dove tecnologia e umanità possano dialogare. Dove la sicurezza non sia solo difesa, ma anche consapevolezza. Dove si possa tornare a stare bene nel digitale, senza fuggirne, ma senza neppure subirlo.

Se vuoi ricevere spunti, riflessioni e strumenti pratici su tutto questo, puoi iscriverti alla newsletter, oppure contattarmi per un laboratorio o una consulenza sulla consapevolezza digitale. Per te, per la tua scuola, o per la tua organizzazione. Perché prima di cambiare il modo in cui viviamo il digitale, dobbiamo cambiare il modo in cui ci ascoltiamo dentro di esso.

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